martedì 29 marzo 2016

Bombe di repertorio. Perseverare è diabolico





Come dice bene Bruno Ballardini: bisogna inchiodare la stampa idiota e connivente alla propria cialtronaggine. 

Guardate bene le immagini, notate niente di strano? Qui il link al primo filmato, relativo ad un servizio sulle indagini degli attentati di Bruxelles andato in onda stasera al TGLa7 delle ore 20.00. Andate al minuto 1:30 e stoppatelo per il confronto. Ora guardate il secondo filmato, trovato su YouTube, e stupite: l'hanno fatto ancora! Continuano a farlo nonostante sia possibile, grazie alla rete, smascherarli in meno di un minuto.

Ricapitolando: mercoledì scorso Marcello Foa pubblicò un articolo dove smascherava il riciclaggio da parte del mainstream di un vecchio filmato relativo all'attentato all'aeroporto di Mosca nel 2011, spacciato ora per l'immagine esclusiva del momento dell'esplosione all'aeroporto di Bruxelles il 22 marzo scorso.
Stasera al TGLa7 mi è parso di vedere riproposte le stesse immagini, ormai chiaramente bollate come falsamente attribuite, ma mi sbagliavo. Non erano quelle già scoperte ma, udite, udite, delle altre, ancora di un altro attentato e non riguardanti Bruxelles. 
Quindi sono riusciti a fare anche di peggio, lo hanno rifatto. Hanno preso un altro filmato, sempre relativo ad un attentato avvenuto in Russia, questa volta alla metro di Minsk e sempre nel 2011, l'11 aprile, e l'hanno spacciato per il momento dell'esplosione nella metro di Bruxelles.

Riformulo la domanda che si sono posti in tanti, dopo aver letto la denuncia di Foa: perché mandare in onda immagini di repertorio al posto di quelle vere? Pigrizia o proprio cialtronaggine?

P.S. Su Libération del 22 marzo già avvertivano: "Attenzione ai video falsi".

Intervallo - Otranto, cattedrale



"Attiguo a casa sua stava un palazzo moresco, denunciato dal salmastro, orientale, come un riflesso sbiadito. Scrostato sotto le volte degli archi e sulle cupole. Abitato l'inverno da Cristiani comodi che nell'estate pagana cedevano le due ali sul mare per non morire di fame. Proclamato la fine lo stato d'assedio, quel palazzo sarebbe diventato il quartier generale dei Turchi che di tra le viole del cielo assolato avevano ammainato le mezzelune." (Carmelo Bene, "Nostra Signora dei turchi".)


Chissà perché le immagini della lavanda dei piedi, di quel Papa di fatto prostrato nel tempio davanti ai voleri dei mercanti, assieme ai lumini, ai gessetti, agli orsacchiotti, ai babbi modello che cuciono i vestitini delle bambole e tutta la reazione pucciosa e femminea alla dichiarazione di guerra saracena, reazione assolutamente inadeguata di fronte all'antipasto offertoci del sangue fresco di Lahore, troppo lontano ma così vicino, mi ha fatto tornare in mente un film che vidi con mio padre, in un cinema-teatro deserto, un pomeriggio di innumerevoli anni fa. Due ore di noia mortale delle quali mi rimase impressa solo la visione dei teschi e delle ossa incastrate alla perfezione per riuscire a far stare ottocento morti - o giù di lì - dentro le teche della cappella dei martiri della Cattedrale di Otranto. 


"La navata destra termina nella cappella dei Martiri, edificata per ordine di Ferdinando I di Napoli e ricostruita a spese pubbliche nel 1711. In essa sono conservati i resti mortali dei santi martiri di Otranto, gli ottocento abitanti di Otranto massacrati e decapitati dai Turchi sul Colle della Minerva il 14 agosto 1480 per non aver voluto rinnegare la fede cristiana. Le reliquie dei martiri sono deposte in sette grandi armadi e dietro il marmoreo altare è conservato il "sasso del martirio" sul quale, secondo la tradizione, avvenne la decapitazione." (fonte Wikipedia)

Quegli ottocento erano gli uomini, perché le donne e i bambini vennero catturati e deportati come schiavi, come succedeva di solito quando sbarcavano i saraceni. Solo che allora non c'erano gli #opentheborders, #overthefortress #noborders pagati dai mercanti per facilitarne il compito. Si combatteva, altro che babbi con le poppe.
Avete presente quelli che dicono che "ce lo meritiamo perché siamo stati cattivi", "il Belgio ha fatto di peggio", "il colonialismo, signora mia", "i bianchi devono espiare le colpe passate" e via occhioperocchiodenteperdenteggiando? 

Vi piacciono le coincidenze? La canonizzazione dei martiri di Otranto fu annunciata da Papa Benedetto XVI l'undici febbraio 2013, il giorno delle sue "dimissioni".



mercoledì 23 marzo 2016

Ci vogliono più gessetti


Ti sparano addosso, ti macellano con esplosivi caricati di chiodi che costringono i chirurghi alle amputazioni, ti ammazzano per puro odio in casa tua promettendo di fare ancora di peggio e con i tuoi governanti criminali che ti avvertono che dovrai abituartici perché sei praticamente già stato venduto e fottuto da loro e tu che fai? Piangi? 
Ti fiondi in piazza a disegnare con il gessetto, come un semidivezzo dell'asilo, homo europeus emasculatus, rinfanciullito e infrocito, ammasso inutile di estrogeni in piena crisi lacrimogena premestruale, passiva senzapalle, le stronzate che ti hanno impresso in quel cervello bacato in decenni di lavaggio a schiuma frenata sul pisandlov?
Chiedi alle donne siriane se hanno tempo di piagnucolare come delle femminucce e se pensano di rispondere con la tolleranza a 90 gradi a coloro che stanno distruggendo il loro paese.

Ti hanno tolto la leva obbligatoria, eliminato il concetto di esercito popolare e messo le professoresse e le donne con il pancione e le emorroidi da ottavo mese a discutere di strategia militare e pensi di salvarti? Nemmeno se tu trovassi per culo i depositi di armi nascosti fin dal dopoguerra da Gladio e dai compagni e, in ogni caso, dovresti pregare che qualcuno, magari un contractor della Blackwater che passa di lì per caso, ti insegni ad usarle. Oppure potresti cominciare a padroneggiare l'uso della clava, che sarà l'arma d'elezione della Quarta guerra mondiale, come disse Einstein, una volta che questa civiltà europea, questa democrazia, così poco cara agli dei, sarà stata consegnata ai selvaggi.


Mi rifiuto di commentare la narrazione fotocopia dell'ennesimo attentato terroristico, con Nostradamus Valls, colui che poco tempo fa ci consegnò la centuria "bisognerà abituarsi al terrorismo perché la guerra durerà generazioni", che ha ribadito il concetto della guerra in atto e nessuno che vada a chiedergli come faccia ad avere informazioni così precise e soprattutto cosa intenda fare per proteggere i suoi cittadini. Con i kamikaze con il carrello immortalati dalla solita provvidenziale telecamera di sicurezza che non assicura un cazzo, i tre Mohammed a caso ma già noti a tutte le questure (perfino a quelle di quelle aquile dei belgi), dei quali troveranno anche il DNA - il passaporto ormai è sfruttato - perché evidentemente l'avevano già da tempo in archivio. Qualche sospetto su queste pagliacciate comincia perfino a venire anche a qualche commentatore del mainstream.
Non mi interessa l'atto ma solo segnalare la reazione ad esso. L'analisi della saliva che ti fa capire quale fu la tonalità del suono del campanellino.

Ad esempio, perché mai il sito SITE della signora Katz, il sito superesperto dei fatti e fattacci dell'ISIS, subito dopo la notizia del duplice attentato condotto il giorno 22 che è il doppio di 11, ma questi sono dettagli da complottisti, pubblica in evidenza questo? 


"A seguito degli attacchi dello Stato Islamico a Bruxelles, i suprematisti bianchi accusano musulmani, ebrei e politici, alcuni incitando alla violenza."

Excusatio non petita accusatio manifesta, direbbe un europeo che ha studiato quel vecchio arnese del latino e non l'inglese come il migrantuccio di Idomeni incaricato dai pedopornografi della propaganda mammona di brandire il cartello "Sorry Brussels" con una faccia convinta che è tutta un programma, per la foto simbolica di rito, subito ovviamente rielaborata in almeno mezza dozzina di vignette lacrimogene progressiste da schiaffare sui giornali indegni ormai perfino di incartare il pesce al mercato, mentre le piazze non si riempiono di musulmani moderati orripilati dall'estremismo dei loro fratelli che sbagliano.

Che c'entrano i Suprematisti Bianchi, Madame Katz? Chi sarebbero? Per caso qualche europeo sfuggito all'emasculazione ed al quale è rimasto un abbozzo di gonadi e che non ha paura di usarle? Mi sa che ce ne sono parecchi, andando verso Est. 

Ricordate un hit di qualche tempo fa, "L'Ungheria e la libertà di espressione"? Dedicate qualche minuto alla visione di questo dibattito sulla televisione ungherese e pensate se queste analisi - con l'affermazione, ad esempio, della complicità tra i governi e i trafficanti internazionali di esseri umani - potrebbero comparire, tanto per fare un nome, nel salotto bono della Gruber.


Lo so che mi odiate per il mio cattivismo, ma più mi odierete, più imparerete. (cit.)

martedì 22 marzo 2016

Cartoline dal Sudafrica. L'orrore in fattoria


Il luogo dell'ultimo massacro di una famiglia di quattro persone a Randfontain 

Alla fine del nostro viaggio in Sudafrica, dopo aver visto l'inferno delle bidonville per i bianchi impoveriti dalla shock economy e dalle leggi razziali "black only" del governo dell'ANC e la quotidiana giungla urbana di una società ad altissimo tasso di violenza che non risparmia alcuna etnia, fatta di diseguaglianza, discriminazione e segregazione sotto altro nome, non ci rimane la sensazione di aver visitato la "nazione arcobaleno" secondo la narrazione allucinatoria della propaganda del politicamente corretto, ma un paese che è veramente un paradiso di crudeltà in preda ad un'apocalisse sadica, come l'ha definito lo scrittore Dan Roodt. Un anus mundi dove sta prevalendo una cultura della vendetta e del saccheggio e che trae ispirazione per le sue orge di ultraviolenza da ancestrali riti di stregoneria ed omicidio rituale.

Stiamo ora per giungere al termine della notte, all'incubo più terrificante. L'intrusione in casa propria, nella propria intimità, la violenza nei nostri confronti e dei propri cari, la tortura, lo stupro, il massacro. Ciò che vivono ormai come un quotidiano pogrom gli agricoltori in Sud Africa, in larghissima maggioranza bianchi. E' il fenomeno degli assalti alle fattorie. 
Il sito Farmitracker, curato da Adriana Stuijt è un ricco archivio dei casi documentati e verificati dal 2012 ad oggi. L'immagine che ho scelto è già spaventosa ma nulla in confronto a quelle che ho avuto il coraggio di cercare dei cadaveri delle vittime, tutte massacrate in quello che dovrebbe essere il più sicuro dei rifugi, la propria casa. Uomini impiccati allo scaldabagno, fatti a pezzi, donne stuprate, sventrate ed impalate, bambini bruciati, volti irriconoscibili perché ridotti a maschere di sangue da una furia che di solito si riserva ai dittatori nei piazzali Loreto quando i popoli sono lasciati liberi per una volta di sfogarsi nel carnevale della vendetta. Vecchi inermi sopravvissuti ma segnati per ciò che resta loro da vivere dalla violenza. Un orrore da film horror che è invece spaventosa realtà.

In Sudafrica gli agricoltori bianchi hanno il doppio di probabilità di venire assassinati dei poliziotti e considerando che i poliziotti sudafricani conducono una vita particolarmente pericolosa. 
Il fenomeno degli assalti alle fattorie è in preoccupante aumento dal 2011 e, come si evince dai dati forniti dall'Afriforum Research Institute, nel 2015 si è avuto il picco di 318 casi, con 94 vittime registrate tra fattori, famigliari e lavoratori.

Dal 1° gennaio al 12 marzo di quest'anno vi sono già stati 64 assalti con 17 morti. Le ultime vittime segnalate dalle cronache sono i quattro componenti della famiglia Meyer, compresa Kayla, 9 anni, uccisa a bastonate, massacrati nella loro fattoria a Randfontain qualche giorno fa.


La distribuzione geografica degli attacchi alle fattorie (fonte


Nel corso della petizione presentata al Parlamento Europeo il 5 marzo dell'anno scorso, Henk van de Graaf, dirigente del sindacato agricolo del Transvaal ha fornito le cifre della strage degli agricoltori in Sudafrica. Dal 1990 il numero dei morti ammonta a 1.762 (cifra aggiornata al 1/3/2015 (fonte), uccisi nel corso di 3465 assalti alle proprie fattorie. 

Il 13 dicembre 2015 il criminologo Rudolph Zinn ha stilato un vademecum ad uso degli agricoltori bianchi che negli ultimi tempi vengono attaccati sempre più frequentemente nella regione del Lowveld da bande di neri armati. Il documento si basa su una ricerca condotta attraverso 30 interviste formate da un questionario di 116 domande poste in carcere ad un campione di criminali responsabili di questi delitti.
Una delle scoperte più importanti è stata il fatto che queste milizie armate, prima di attaccare, si procurano le informazioni circa l'esistenza in casa di oggetti di valore da basisti che lavorano nelle fattorie. Essi si spostano dalla città in campagna per interrogare il personale delle fattorie sulle abitudini e sulle ricchezze possedute dagli agricoltori. Una volta ottenute le informazioni sufficienti non esitano ad attaccare e a quel punto sono anche in grado di disabilitare i più sofisticati sistemi elettronici di sicurezza.

Queste bande armate sono ben organizzate e sanno perfettamente il fatto loro quando invadono una fattoria aggredendo le famiglie bianche (generalmente afrikaaner) che le abitano. Se per i semplici furti si tratta di un gruppo di quattro persone che agisce quando gli abitanti della casa sono fuori, per esempio a messa, quando si decide di colpire anche gli occupanti delle case il gruppo può essere composto anche da otto individui armati pesantemente, preferibilmente con pistole, coltelli e machete. Intervistando alcuni di loro in carcere, Zinn ha appreso che una delle tecniche è quella di sparare subito all'uomo di casa per far capire agli altri abitanti che le intenzioni degli aggressori sono serie. 
Anche se solamente il 4% delle migliaia di aggressori coinvolti finisce in carcere, tra coloro che furono intervistati il 67% risultò aver attaccato con inaudita ferocia le sue vittime: il 30% commettendo omicidio, il 13% stupro, il 3% tentato stupro e il 13% praticando atti di tortura.


Kayla Meyer, 9 anni 

A Zinn uno di loro disse che la tortura serviva per costringere le vittime a rivelare il nascondiglio degli oggetti di valore. Alcuni membri della gang concentrano le torture sulle donne e i bambini allo scopo di far parlare prima gli uomini. Tuttavia egli non spiegò perché questi metodi di tortura erano destinati primariamente a famiglie bianche. 
Il movente razziale dietro a questi assalti è di solito negato dalle autorità sudafricane, nonostante di recente uno di questi aggressori abbia ammesso in tribunale di avere stuprato la sua vittima, una donna di 82 anni, "perché ciò fa parte della lotta. L'ho stuprata perché bianca." Per la cronaca, il trentenne Kagiso Nkedi aveva otto anni quando "la lotta", con la fine del dominio bianco, ebbe termine. 
L'età media degli aggressori infatti è di solito tra i 19 e i 26 anni. Ciò dimostra, secondo Zinn, che la loro motivazione non ha niente a che fare con la lotta politica, che è solo un pretesto. Sono persone nate dopo la fine dell'apartheid e che non l'hanno vissuta direttamente; individui che si aspettano irrealisticamente di poter diventare ricchi con il colpo di una notte e considerano le loro attività di rapinatori come un'occupazione a tempo pieno, come un lavoro vero e proprio. Durante il quale si vendicano dell'uomo e della donna bianca senza alcuna pietà nei loro confronti. 

Il governo sudafricano finora si è rifiutato di considerare una priorità la lotta a questi crimini particolarmente efferati e vi sono continue denunce di trascuratezza nelle indagini condotte dagli organi inquirenti.
Tuttavia il 27 febbraio di quest'anno l'alta corte di Pretoria ha ingiunto alla Polizia di fornire le cifre ufficiali e reali di questo massacro, già da essa analizzato in un report del 2009.
Ancora meno si interessa del fenomeno l'opinione pubblica mondiale, che ne è tenuta adeguatamente all'oscuro. Infatti, se non fossi capitata per caso nel sito di Adriana, non ne avrei mai saputo nulla. Human Rights Watch - che riceverà in dieci anni qualcosa come 100 milioni di dollari dal miliardario filantropo e noto mestatore globalista Soros - è convinta però del contrario ed ha anzi criticato il governo sudafricano per l'eccessiva enfasi - secondo loro - posta nel proteggere i fattori piuttosto che i braccianti delle fattorie dagli abusi dei loro padroni. Questi paladini dei diritti umani pensano che i "cosiddetti attacchi alle fattorie" ricevano troppa attenzione da parte della politica e dei media rispetto alla lotta di classe che si svolgerebbe all'interno delle stesse fattorie. Interessante il pulpito, vero?

Anche l'economista all'ova di lompo Thomas Piketty, di fronte a questi veri e propri squadroni della morte in azione contro gli agricoltori bianchi, sembra preoccuparsi più del problema della ridistribuzione della terra che, dopo il 1994, non è ancora stata implementata per benino ed è per questo, secondo lui, che "permane ancor oggi l'eredità dell'apartheid."
Durante una conferenza dedicata a Nelson Mandela, Piketty ha lamentato che la legge BEE (quella che impone quote di maggioranza di neri negli impieghi) non abbia funzionato abbastanza e quindi sia necessario procedere ad una più ambiziosa riforma terriera per "trasferire la terra nelle mani dei neri". Che stesse pensando al metodo impiegato a suo tempo con i kulaki?

Ora, mi dispiace per Pikettuccio santo ma la terra, una volta ottenuta, bisogna anche saperla coltivare. Mentre si attende l'accoglimento delle domande di restituzione della terra e la sua redistribuzione, e nove su dieci riassegnazioni di terreni sono risultate in un fallimento, la terra diventa improduttiva mentre la popolazione aumenta e vi è sempre maggiore necessità di cibo. 
Il motto: "Hai mangiato oggi? Ringrazia i lavoratori dell'agricoltura. No agricoltura, no cibo, no futuro" è valido in tutto il mondo ma soprattutto in Africa.
Negli anni 80 vi erano circa 80.000 imprenditori agricoli in Sud Africa, oggi ne sono rimasti meno della metà: 30.000. Le aggressioni colpiscono non solo i diretti interessati ma, a cascata, tutta la piccola comunità agricola che ruota attorno alla produzione. Non è raro che, dopo un'aggressione, l'attività dei sopravvissuti non riesca più a riprendere il suo corso normale e l'azienda agricola fallisca.

La popolazione del Sudafrica ammonta a 54 milioni ed è in crescita. L'immigrazione illegale (toh!) attraverso frontiere colabrodo porta fino a 3000 persone al giorno nel paese, soprattutto dai confini con lo Zimbabwe e il Mozambico. Questi migranti hanno anch'essi bisogno di acqua e cibo e di un alloggio.
E' interessante notare come questi clandestini siano solo raramente coinvolti negli assalti alle fattorie e nei massacri, mentre lo sono spesso i braccianti ivi impiegati come manodopera. 
I fattori che si organizzano in squadre di autodifesa non sono più protetti dal governo come prima. Anzi, a volte vengono incarcerati per aver protetto le loro vite, le loro famiglie e le loro proprietà con accuse di eccesso di legittima difesa. 
Sono state introdotte leggi che limitano il possesso di armi, naturalmente quelle possedute legalmente dai cittadini, mentre gli assalitori, quando commettono i loro crimini, utilizzano tranquillamente un vero arsenale di armi rubate come fucili Kalashnikov e pistole Makarov frutto di precedenti rapine.
Il sistema di difesa dei Commandos, in forza nel secolo scorso, una milizia su base volontaria che faceva prevenzione del crimine sotto la tutela dell'esercito sudafricano permetteva alla polizia di concentrarsi su altri livelli di crimini. Appena dopo essere salito al potere, l'ANC ha smantellato il sistema delle milizie, promettendo di sostituirlo con un'altra struttura. Promessa che non è mai stata mantenuta.

Intanto il partito EFF, di estrema sinistra, sventola il ramoscello d'ulivo ai bianchi, accompagnandolo con questi simpatici slogan.

Good night and good luck.


domenica 20 marzo 2016

Cartoline dal Sudafrica. Genocidio bianco in corso?



Prendetevi tempo e mettetevi comodi, perché questo sarà un viaggio molto lungo dall'altro capo del mondo ma non solo, sarà anche un viaggio nel tempo, tra passato, presente e futuro. Sarà un brutto viaggio, scomodo e pericoloso, alla scoperta di una realtà spaventosa che ignoriamo completamente, perché ne siamo volutamente tenuti all'oscuro. Capirete forse alla fine perché. Una realtà che però, appena la sentirete raccontare, vi dirà qualcosa di familiare, di conosciuto e temuto, di estremamente attuale e per questo ancor più terrorizzante.
Cominciamo con ordine, perché le cose da raccontare sono tante.

La collocazione geografica del nostro viaggio è il Sudafrica, il paese che siamo stati condizionati fin da bambini ad associare a tre cose: l'apartheid, i diamanti e l'uranio. 
Sappiamo che negli anni novanta vi fu la fine dell'apartheid, ovvero la fine del regime di segregazione razziale della potente minoranza bianca ai danni della maggioranza nera. I bianchi accettarono di passare le consegne all'ANC, il partito di Nelson Mandela, il leader icona del movimento rivoluzionario, che fu eletto presidente. Fine del razzismo, fine dell'interesse internazionale verso l'estremo sud del continente africano. A parte qualche notizia sporadica sull'incredibile tasso di violenza e criminalità delle grandi città, sugli stupri "rieducativi" all'eterosessualità ai danni delle lesbiche, il processo ad Oscar Pistorius, la morte di Mandela ultranovantenne nel 2013, un paio di film di fantascienza distopica assai fortunati di un giovane regista, Neill Bloomkamp: "District 9" ed "Elysium", e poco altro, del Sudafrica non sappiamo assolutamente niente. 
Nel frattempo però, in questi vent'anni dalla fine del regime dell'apartheid, laggiù è accaduto e soprattutto sta accadendo di tutto. Cercherò di raccontarvelo.

Nei giorni scorsi mi è capitato per caso di leggere un interessante articolo pubblicato nel 2013 sul sito della BBC News, dal titolo "I bianchi hanno un futuro in Sudafrica?" (qui il seguito), di cui vi propongo anche il relativo video in calce al post. Un titolo così non poteva che sollecitare una certa curiosità, visto che siamo programmati a pensare che in quel paese, a parte qualche problema di ordine pubblico, il razzismo sia stato definitivamente sconfitto e debellato, visto che il razzismo è un problema monodirezionale. O no? Si, chi ha amici sudafricani racconta ogni tanto di persone costrette a vivere in case recintate da reti elettrificate, ma si liquida la cosa come problema di pura criminalità, dimenticando che questa sarebbe una roba forte perfino negli Stati Uniti.

In seguito all'interesse scaturito dall'articolo di John Simpson, ho scoperto che tra i bianchi sudafricani si sostiene sia in corso un genocidio ai loro danni, in particolare  della minoranza afrikaaner, i discendenti di quegli olandesi migranti (perché no, anche loro cercavano un futuro migliore e scappavano dalla guerra) che colonizzarono il paese nella seconda metà del Seicento.
Genocidio è una parola forte e qualcuno potrebbe esagerare i toni a causa del pregiudizio nei confronti del nuovo corso politico in Sudafrica ma, tenendo a mente la definizione datane da Lemkin, è bastato continuare la ricerca su decine di siti per far emergere materiale sufficiente a, quanto meno, giustificare le interrogazioni all'ONU e al Parlamento Europeo presentate da organizzazioni sindacali sudafricane per denunciare al mondo il clima di ostilità ed aggressione che subisce sempre più frequentemente la minoranza bianca. Persecuzione che, se non è un genocidio, ne è un'ottima imitazione.

Uno dei fenomeni più allarmanti degli ultimi tempi, che sarà oggetto della seconda parte di questo post, è quello degli attacchi sempre più frequenti alle fattorie ed ai loro abitanti da parte di bande di neri armati che non si limitano a compiere rapine ma veri e propri massacri, preceduti da torture e stupri ai danni degli agricoltori e delle loro famiglie. La sistematicità di queste aggressioni, il fatto che la stragrande maggioranza delle vittime sia bianca, che nelle confessioni dei pochi responsabili arrestati sia emerso il movente razzista e che l'aumento delle aggressioni si accompagni a dichiarazioni governative che auspicano la sempre maggiore "restituzione" di terra ai neri, fanno pensare ad un'azione preordinata. Il bollettino degli assalti alle fattorie, continuamente aggiornato sui siti, sulla stampa locale e sulle pagine facebook, non ha nulla da invidiare ad un bollettino di guerra.

Un altro fenomeno in crescita è il rapido impoverimento della classe media bianca. Migliaia di persone che perdono tutto: casa e lavoro e finiscono in baraccopoli, in veri e propri campi profughi. Questo dell'impoverimento è un fenomeno che colpisce tutte le classi medie del mondo industrializzato, effetto dell'applicazione ormai globale della shock economy che persegue la proletarizzazione di massa a fronte della tutela di un'infima minoranza privilegiata. Quell'élite che, nel film "Elysium" di Bloomkamp, trova rifugio in una dorata stazione orbitante al riparo da un'umanità degradata e iperviolenta lasciata a scannarsi sulla Terra. 


Le storie delle persone che sono finite nei white squatter camps attorno a Pretoria o Johannesburg, sono simili ai racconti che ci provengono ogni giorno dall'Europa schiacciata dal tallone di ferro dell'austerità, imposta come cura letale per ottimizzare a vantaggio delle élite dell'1%  le opportunità offerte dalla crisi globale. Crisi indotte che, oltre alla riduzione in schiavitù del 99% attraverso la proletarizzazione delle classi medie, perseguono il superamento della democrazia e, attraverso l'estremizzazione dei conflitti razziali derivanti dal meticciato imposto e della coabitazione forzata di gruppi etnici esterni che finiscono per prevalere sugli autoctoni, raggiungono  il loro scopo eliminatorio di un'umanità percepita ormai come inutile.
Ciò che distingue però il destino degli operai, degli impiegati, dei commercianti, degli insegnanti ed imprenditori sudafricani rispetto ai loro colleghi europei è che se i primi hanno perso il lavoro, il motivo risiede nel fatto che il governo del loro paese ha introdotto leggi che, tutelando eccessivamente la maggioranza nera, di fatto ha introdotto un discrimine nei confronti delle minoranze, soprattutto quella meno numerosa dei bianchi. 

Attraverso il meccanismo dell'azione positiva, che impone quote di occupazione numericamente rappresentative dei vari gruppi etnici, leggi come il BEE (Black Economic Empowerment), finiscono per favorire solo i neri, che sono la maggioranza della popolazione, e per espellere di fatto i bianchi dal mondo del lavoro, risultando, ne più né meno, alla stregua di vere e proprie leggi razziali. In Sudafrica qualunque azienda che intenda lavorare con il governo deve rispettare il principio delle quote e ogni anno passare dei test di qualità che controllano che i neri, le donne nere e i disabili neri, abbiano avuto la priorità nell'assegnamento dei posti di lavoro. Idem per l'assegnazione degli alloggi. 
Notare come tutto parta da un fin di bene, da un principio di giustizia, il desiderio di riparare i torti subiti in passato ma poi finisca per creare una forma rovesciata di apartheid. Il male che si nasconde così bene nei panni della bontà, che conosciamo fin troppo bene.


Questo protezionismo su base ideologica e razziale, non esente da clientelismo politico nei confronti dell'ANC, ha creato una classe neoricca nera che si è avvantaggiata non solo rispetto alla stragrande massa degli altri neri che continua a vivere nella povertà, ma anche nei confronti di una minoranza bianca che viene ancora considerata, nonostante sia formata ormai da gente nata dopo la fine dell'apartheid, responsabile dei torti subiti dai neri in passato.

L'idea comune in Sudafrica, di qualunque colore sia il vostro interlocutore, è che i bianchi detengano ancora il potere economico ed abbiano un'influenza tuttora sproporzionata in politica e sui media. Sono ancora considerati coloro che possiedono le case più belle e i lavori più remunerativi.
Ma è ancora così?
Qui è necessario compiere un salto indietro nel tempo e rivedere cosa successe nei primi anni novanta, quando vi fu il cambio epocale di regime e i neri presero il potere.
Sono andata a rileggere il capitolo dedicato al Sudafrica in "Shock Economy" di Naomi Klein. E' una lettura sconcertante perché sembra di leggere non del Sudafrica e dell'African National Congress di vent'anni fa, ma della Grecia e di Syriza l'anno scorso. 
Allora come oggi c'è un paese che democraticamente ha scelto di darsi un governo progressista, di sinistra e un partito di sinistra che compirà il grande tradimento dei propri principi per bieca sete di potere, con i reazionari che reggono il sacco, naturalmente.

Nel Sudafrica dei primi anni novanta i neri reclamavano il potere politico e i bianchi non intendevano ovviamente mollare quello economico. Chi muove i fili della finanza scatenò la speculazione contro la valuta locale e, alla fine, ciascuno dovette cedere qualcosa e ognuna delle due parti dovette tradire la propria base. Il partito del martire Mandela, l'ANC che fino al giorno prima sventolava la Freedom Charter, l'annamo e nazionalizziamo tutto, davanti al naso di quei babbei dei suoi militanti (la mamma dei piddini è sempre incinta),  pur di ottenere il potere politico accettò in cambio di applicare la shock economy per la quale, per altro, aveva già pronto il tecnico adatto, il compagno Thabo Mbeki, arrivato già studiato delle più avanzate teorie neoliberiste. Uno che, presentando il suo programma economico a Londra alla Borsa disse: "Chiamatemi thatcheriano". 
Per questo, invece di nazionalizzare, l'ANC avviò notevoli riforme e privatizzazioni per attirare investimenti stranieri, con il risultato che possiamo immaginare. Dal canto suo, De Klerk si assicurò che i diamanti e l'altra roba preziosa rimanesse nelle mani bianche di pochissimi, nemmeno necessariamente sudafricani, accettando la macellazione economica prima e magari fisica poi, della classe media bianca i cui interessi avrebbe dovuto rappresentare. Un doppio tradimento che ha dato i suoi frutti velenosi.

In questi vent'anni in cui il Sudafrica ha goduto dell'oblio condiscendente dei media occidentali, il numero delle persone che vive con meno di un dollaro al giorno è raddoppiato, da 2 a 4 milioni nel 2006. Delle terre coltivate "restituite" per legge ai neri, solo il 10%, dopo il passaggio ai nuovi proprietari continua a produrre come prima ed il fenomeno delle aggressioni e massacri ai danni degli agricoltori bianchi sta provocando il declino del settore agroalimentare perché nessuno investe nelle proprie aziende, oltretutto minacciate sempre più frequentemente da voci di esproprio. Ciò rischia di provocare una catastrofe alimentare che colpirebbe l'intera popolazione sudafricana. 
Nemmeno la legge sulle quote, la BEE, convince gli economisti, ad esempio una star dell'ordoliberismo da salotto come Piketty che è più preoccupato che in Sudafrica non vi sia stata una sufficiente redistribuzione delle terre (vedi sopra). 

Per il resto la violenza nel paese è endemica, una donna su tre è vittima di stupro e nelle carceri lo stupro maschile di gruppo ai danni dei prigionieri più deboli, il che può voler dire appartenere a minoranze etniche non gradite al gruppo dominante, è pratica quotidiana e tollerata dalle guardie come metodo punitivo. La diffusione dell'AIDS ha fatto riemergere usanze tribali disumane come lo stupro di vergini, perfino di bambini e neonati a scopo "curativo" praticato dagli Zulu. Il cui re, per altro, ha dichiarato di rimpiangere i tempi in cui c'era l'apartheid perché "si stava meglio allora" e d ha aggiunto:"I neri stanno rovinando il paese". 

La lotta di classe in Sudafrica è sempre di più conflitto a sfondo razziale e il compito di massacrare economicamente e fisicamente la classe media bianca è affidato al desiderio di vendetta dei neri vessati per decenni dall'apartheid. Un perfetto esempio di guerra tra poveri. Un brutto filmaccio rape and revenge che ogni giorno recita il suo copione e reclama le sue vittime, non solo in Sudafrica, come sappiamo, ma qui in particolare come caso di scuola. Questi tempi oscuri passeranno alla storia come quelli in cui chiunque abbia subito una persecuzione in passato può rifarsi sui discendenti dei propri carnefici, con ancora maggiore crudeltà e senza alcun rischio di punizione. Rape and revenge, appunto. Occhio per occhio.

Come scrive Simpson: "Il Sudafrica dell'apartheid aveva riguardo solo per i bianchi e nessun altro. Ora, alcune comunità bianche sono sottoposte a livelli di deprivazione e violenza che ne mettono in pericolo la sopravvivenza." 
Oltre ai massacri ai danni degli agricoltori, infatti, stanno aumentando in maniera preoccupante gli assalti alle famiglie bianche impoverite (ma la preoccupazione è solo delle comunità coinvolte, non del governo, che minimizza e nega il movente razziale). Le vittime sono quelle poche famiglie che resistono nelle proprie case non ancora pignorate e che non sono ancora finite nei campi.

John Simpson ha visitato Sonskyn Heokie, una baraccopoli bianca alla periferia di Pretoria. Ce ne sono almeno altre 80 solo in quell'area. Tra rottami di automobili e di arredamento ovunque, tra pozzanghere di acqua stagnante infestata di zanzare, la gente vive senz'acqua né elettricità, con due sole toilette per l'intero campo, in baracche di lamiera che d'estate diventano forni crematori. In tutto il Sudafrica si calcola che almeno 400.000 bianchi poveri vivano in queste condizioni. Grazie all'opera dei volontari ricevono due razioni di porridge di mais al giorno ma nessuna assistenza né tutele sociali, esattamente come accadeva ai neri durante l'apartheid. Prima di loro vengono i neri, sia nell'assegnazione del lavoro e dell'alloggio e comunque nel frattempo la cancellazione del welfare ha eliminato il sistema di tutele per chi resta indietro nella società.

Questa donna, assieme ad altri senzatetto, si era accampata nel cimitero che ospita i suoi antenati e dal quale è stata sfrattata.
Questo dramma viene silenziato dai media come in Europa viene regolarmente silenziata la tragedia della popolazione greca e delle altre classi medie nazionali e negli Stati Uniti la proletarizzazione della classe media. Qui in Sudafrica la rimozione è dovuta ad un passato che tutti vogliono dimenticare e, se qualcosa emerge, la leadership politica attuale del paese tende a dipingerla come una giusta punizione per il passato razzismo dei colonizzatori bianchi. 
La solita maledizione dei padri che ricade sui figli, la pretesa che i bianchi debbano comunque sempre qualcosa alle altre razze - che non sanno andare oltre il chiagni e fotti, per altro - che il loro benessere non sia frutto di merito ma sia stato rubato e quindi sia giusto rubarglielo. 
Una visione che è squisitamente razzista ed opportunista ma che dimostra quanto sia stato abile cedere il potere formale ai neri e utilizzare ancora una volta l'inesauribile potenziale di tradimento della propria base e della propria classe delle forze progressiste al fine, opportunisticamente, di perpetuare il privilegio di una sempre più ristretta élite di sfruttatori.



giovedì 17 marzo 2016

Apologuccio sudafricano


In attesa di scoperchiare una realtà che i media si guardano bene dal raccontarvi per non rovinare il sogno lucido indotto globalista dove siamo tutti multikulturalmente fratelli, una realtà spaventosa che vi toglierà il sonno, come l'ha tolto a me mentre facevo le mie ricerche per documentarmi sull'argomento, vogliate gradirne un breve apologo introduttivo, talmente perfetto da sembrare scritto da uno sceneggiatore di Hollywood.

La storia inizia circa otto mesi fa in luglio quando Andrew and Rae Wartnaby, i coniugi quarantasettenni proprietari della "Hope Farm" nella Killarney Valley di Cato Ridge, Sudafrica, seppero che le autorità di Thekwini stavano per chiudere l'ultimo campo per stranieri rifugiati a Chatsworth.
Un momento. Rifugiati? Si, il fenomeno della migrazione esiste anche internamente all'Africa e il Sudafrica, in special modo, attira migranti e profughi da paesi in guerra o da quelli maggiormente afflitti da povertà e fame. I maligni dicono perché il Sudafrica è il paese che, nonostante l'ignominioso passato di dominio coloniale bianco e l'onta dell'Apartheid, conserva ancora, vent'anni dopo la fine del dominio boero e nonostante la disastrosa gestione del governo dei neri dell'ANC, che si piegarono alla shock economy voluta dalla globalizzazione, un livello di benessere che è impensabile in altre realtà africane, e proprio grazie a ciò che è rimasto di quel passato.
Questi rifugiati, interi nuclei famigliari, vengono dai paesi vicini come il Burundi o il Congo ma sono spesso vittime di attacchi xenofobi. Alt! Xenofobia? Ma da parte di chi? Dei neri, ovvero dei lavoratori autoctoni che si sentono minacciati dai nuovi arrivati, come accade in casi simili in tutto il santo mondo, al giorno d'oggi come nel passato.
Proprio a causa dell'intolleranza e della xenofobia, all'inizio della nostra storia, nel campo profughi di Chatsworth,  vi sono radunati appunto 143 di loro, in attesa di essere ricollocati altrove, soprattutto in altri paesi (molti vorrebbero andare in Canada). I Wartnaby, persone animate da un altissimo senso civico e di solidarietà, si offrono di ospitarli temporaneamente mettendo a disposizione i loro 20 ettari di fattoria.

All'inizio le cose vanno bene e la coabitazione procede abbastanza serenamente. I profughi collaborano ai lavori quotidiani della fattoria, alcuni appaiono vogliosi di apprendere un mestiere che potranno utilizzare in seguito. I Wartnaby raccolgono aiuti e fondi per i loro ospiti, offrendo loro la migliore disponibilità e generosa accoglienza ma poi, come da pagina uno, capitolo uno di qualunque manuale di sociologia, il gruppo dei rifugiati, profughi e migranti si spacca in due, con, da una parte, un gruppo maggioritario formato da persone tranquille e collaborative e, dall'altra, un gruppo minoritario dove emergono leader aggressivi che premono affinché vengano accelerate le procedure di rimpatrio e ricollocazione.
La tensione cresce all'interno della comunità e il gruppo dei leader diventa sempre più violento finché, una notte dello scorso dicembre, viene appiccato un incendio ad una tenda del campo, la rete di recinzione viene tagliata e un gruppo di facinorosi nuove verso la casa dei Wartnaby, accusando Andrew di essere un agente del governo che sta cospirando per trattenerli contro la loro volontà e lucrando sulla loro pelle intascandosi gli aiuti a loro destinati. Si arriva anche alle minacce di morte nei confronti di Andrew e della sua famiglia, al punto che i suoi figli vengono allontanati dalla fattoria per sicurezza e viene richiesto l'intervento della polizia.

Questa situazione, che vede i signori Wartnaby sempre più terrorizzati e praticamente barricati in casa propria, circondati da una comunità di profughi sempre più ostile, che rifiuta il loro aiuto e non vuole più rimanere alla fattoria ma nemmeno ritornare in città per paura degli attacchi xenofobi della popolazione locale, si protrae fino a pochi giorni fa quando, su richiesta di un ormai esasperato Mr. Wartnaby, e grazie all'intervento di personale ell'ONU, il gruppo di profughi e migranti viene trasferito in un centro di accoglienza a Durban da dove però non si sa se e quando essi potranno andarsene. 

Parabola istruttiva, vero? Ora sappiamo che gli omini di burro che raccontano dell'esistenza dei paesi dei balocchi oltreoceano e spingono per le deportazioni di massa di intere popolazioni e per la disarticolazione* delle identità nazionali esistono ad ogni latitudine. Che, sempre in tutto il mondo, è spesso vero il detto: "Fai del bene alla gente e te lo mettono nel sacco". Abbiamo imparato inoltre che esistono il razzismo e la xenofobia black on black e che esistono sottili differenze tra congolesi, burundesi e sudafricani che noi non percepiamo ma gli africani si, oltre a vedere confermato che si è sempre i terroni di qualcuno. 
Che sia questa in fondo la vera globalizzazione, ovvero il rendersi conto che tutto il mondo è paese ed è governato dalla relatività?

Nota finale di letizia. La storia per i Wartneby è finita ancora bene, a differenza di come è andata per gli oltre 2000 agricoltori bianchi scannati negli ultimi tempi con le loro famiglie in Sudafrica da gang armate organizzate di neri che assaltano le fattorie isolate, rapinando, torturando, stuprando e uccidendo gli abitanti, in un paese che sta diventando per gli afrikaaner, gli ultimi bianchi rimasti, sempre più ostile, anche economicamente. La storia terribile e misconosciuta di cui parlavo all'inizio e che vi racconterò domani.




* Questo verbo: "disarticolare" (qualcosa del sistema) l'ho sentito ieri alla radio in bocca ad un senatore, non ricordo se piddino, sellino o cosa. L'ultima volta l'avevo letto su un comunicato delle BR. Risentirlo proprio il giorno dell'anniversario di Via Fani mi ha fatto un certo effetto.

sabato 12 marzo 2016

Fatemi una faccia da guerra


So che state dicendo: "Quale guerra? A noi non ci risulta!" Se è così, per continuare con la nota citazione, vuol dire che quando voi vi sveglierete dal coma, prenderete fuciletto a tappo e giberne e arriverete finalmente al fronte, la guerra sarà bell'e che finita e vi beccherete l'ultima pallottola dell'ultimo giorno. 
Non spero di convincervi a prendere coscienza dello stato di belligeranza ma lasciatemi elencare una serie di indizi, di contraddizioni in termini, di paradossi spazio-temporali e bachi di sistema che, messi tutti assieme vogliono dire solo che siamo in guerra e dobbiamo fare qualcosa, perché la guerra l'hanno dichiarata a noi e noi siamo stati nominati come perdenti designati.

Devo ammettere che il nemico ha avuto un'idea geniale. Fare la guerra senza dichiararla, senza schierare eserciti militari in divisa in campo, senza carri armati, senza bombardamenti, assegnandosi addirittura un Premio Nobel per la Pace e mantenendo le zone di combattimento vero, di guerra guerreggiata, in luoghi esotici abbastanza lontani da dare qui da noi l'illusione della pace. Così nemmeno la propaganda di guerra che rappresenta il 99% dell'informazione attuale appare tale, grazie all'assoluta fedeltà dei mezzi di comunicazione che creano la Matrix della finta pace, della melassa del volemose bene, e la fanno ingurgitare a cucchiaiate ai cittadini che, non sentendo botti ed esplosioni vicino a casa, credono vada tutto bene e che la guerra sia in Siria.
Tutto ciò che viene fatto per scopi di guerra, ovvero di aggressione, di sopruso, di intimidazione, di conquista e sottomissione, sia politica che economica, riesce a passare per necessità, bontà, generosità e buon proposito. Sempre a fin di bene. E' la guerra dei lupi travestiti da pecora che si nascondono perfino negli ovili più impensati. Pecore con le facce sofferenti e belanti delle madonne pellegrine dell'ONU dal cuore straziato di fronte al bimbetto migrante sempre in prima fila (ma con il jihadista poco lontano)  e in posa per la foto strappalacrime che servirà per il paragone improprio con i nostri nonni che andavano migranti nelle Americhe. Oppure per il paragone ancora più improprio ed osceno con le vittime dell'Olocausto.

L'emergenza profughi, vi dicono. I profughi, le comparse del melodramma, li hanno presi da guerre che durano da anni e che finora non sembravano nemmeno esistere. Guerre che vanno avanti da almeno cinque anni, nel caso della Siria e addirittura da quindici (Afghanistan) e quattordici anni (Iraq). In tutti questi anni di bombardamenti veri, non abbiamo visto un profugo affacciarsi in Europa. Ora improvvisamente, l'onda di tsunami. 
Ma noi sappiamo che queste sono vere e proprie deportazioni. Marce forzate che ricordano quelle degli armeni durante la prima guerra mondiale (non a caso organizzate dai Giovani Turchi). Secondo ogni logica, i profughi dovrebbero fermarsi nei primi paesi che confinano con le zone di guerra. Detto che nessun paese islamico se li piglia,  e che la Turchia ha trovato il mondo di usarli come scudi umani contro l'Europa, per farci la grana, guardate questa cartina.
La Grecia confina con la Turchia. Perché l'esercito dei "migranti" viene fatto passare dal mare mettendone a repentaglio la vita? Non provate un leggerissimo schifo nei confronti sia di chi obbliga i padri a far annegare i figli, sia dei padri che accettano di farlo in favore delle telecamere piangenti, invece di scegliere una via legale per emigrare (come facevano i nostri famosi emigranti?)
Possibile che il marchio dell'ONU apposto su questa cartina riesca a non farne percepire l'assoluta assurdità e a non svelarne la frode?



La tecnica dell'inganno e della dissimulazione permette di stravolgere il senso di ogni azione di questa guerra. Pensate che questo stato di pace artificiale apparente sta permettendo alla nazione che uscirà sconfitta guerra di mettere già in conto agli alleati il costo delle riparazioni. (Indovinate quale sarà mai. E' facile, sta per fare il triplete, stavolta la coppa è sua per sempre.) 
E' curioso infatti che nessuno abbia osservato l'incredibile coincidenza tra i tre miliardi che gli strozzini di Bruxelles - quella schiumatura della peggior feccia servile - ci chiedono, con la lettera minatoria, di mettere tra le due fette di pane, pena il negozio che va a fuoco, e i tre miliardi che il dittatore e ricattatore turco ha chiesto per fermare (lui dice) il flusso illegale di invasori africani e tagliagole islamici, ovvero l'arma di migrazione di massa, l'esercito dormiente.
Parlando di statisti. A pretendere di governare l'Europa vi è un'ottusa donnetta che prima di tutto odia con tutte le sue forze il suo paese (da brava cittadina del mondo di Nihil che non c'è ed esecutrice per conto terzi) e che è andata ad aprire le porte di Troia senza nemmeno dare ad Ulisse la soddisfazione di inventarsi il cavallo e riuscendo a fare ancora peggio di Hitler che, per quanto satanico e criminale fosse, possa bruciare all'Inferno, non si sognò mai di invitare espressamente e con la scusa della bontà, orde di stranieri ad invadere il Reich imponendo alle donne del proprio popolo di chinarsi a sparecchiare di fronte a loro.

Ecco, qui forse vi è stato l'imprevisto che ha svelato il clamoroso errore di calcolo del nemico (ovvero del mandante della donnetta) sugli effetti collaterali di questa guerra nascosta. La guerra la puoi mascherare da pace ma fino ad un certo punto, soprattutto se il mercenario invasore si sente in guerra vera e motivato a combattere e conquistare e quindi esige il diritto di preda, per esempio attraverso lo stupro etnico. Non so se i fatti di Colonia siano stati un fuoco amico o nemico ma sono quasi certa che sia stata una sveglia inviata da chi ha interesse che qualcuno in Europa riconosca la vera natura dell'immigrazione selvaggia che l'ha presa di mira. Lo scopo raggiunto dal messaggio, recepito forte e chiaro dai tedeschi ma non solo, nonostante il tentativo di copertura e negazione mediatica, è stato quello di far notare le contraddizioni di questa strana pace e cominciare a disvelare la realtà di guerra. Realtà che è fatta di un bollettino di guerra, appunto, e di vittime che sono donne, vecchi e bambini dei quali, secondo il nemico, non bisogna parlare.


Nella mappa interattiva che troverete qui sono invece riportati i casi di violenza segnalati dalla stampa tedesca negli ultimi mesi. Che si tratti di un'autoinvasione a bassa intensità della Germania, con nessi e connessi, lo dimostra anche questa prossima cartina.


Se il flusso rappresentasse solo la risposta alla chiamata dell'ingordo complesso industriale tedesco, avido di manovalanza da sfruttare a basso prezzo, perché i paesi dell'Est, in ordine pressoché compatto, avrebbero deciso di chiudere le frontiere di fronte all'orda dei migranti? E' cattiveria nazionalista e populista, come dicono i media servi che i popoli li odiano, oppure la nota immunità acquisita alla shock economy e il fatto che quei paesi mantengono la propria sovranità, sono retti da governanti che, alla vecchia maniera, fanno gli interessi del proprio popolo e sono ancora in grado di riconoscere un'invasione, per esempio osservando semplicemente il fatto che il 90% dei migranti è composto da maschi in età militare, per giunta di indole per nulla amichevole?

Piano piano si comincia a delineare il risiko delle forze in campo e degli opposti schieramenti.
Questa è una guerra continentale - ma i suoi effetti economici in tempo di globalizzazione la rendono di fatto guerra mondiale - che oppone i paesi dell'Est Europa come la Polonia, l'Ungheria, la Bulgaria, e quelli balcanici come la Macedonia, ecc. assieme alla Russia, ovvero le nazioni europee sovrane, alla UE, ovvero ai sedicenti wannabe Stati Uniti d'Europa, le antiche nazioni europee governate ora da quisling e kapo dell'Entità sovranazionale che ha occupato anche gli Stati Uniti, capitanate dal suo golem impazzito, la Germania. 
I paesi di questa alleanza forzata ma santa - perché, lo ricordo, la UE ha difeso la pace contro i nazzzzionalismicattivi - sono caratterizzati dal fatto che i loro governi, imposti, comperati o eletti grazie all'inganno degli elettori, agiscono, a differenza di quelli dei paesi ancora sovrani, in spregio alle rispettive costituzioni e apertamente contro gli interessi dei propri cittadini.  Sono tecnicamente e di fatto governi di occupazione collaborazionisti che impongono ai propri cittadini la devoluzione dell'oro all'idolo sovranazionale e non alla Patria, la tortura del multiculturalismo e della distruttività identitaria, l'assurdo tallone di ferro dell'austerità, l'impoverimento della classe media e tollerano, di fatto, il futuro possibile genocidio delle popolazioni autoctone, non difendendole dalla violenza generata dall'anarchia dello stato di occupazione. Se pensate che esageri prenotatevi per il post sul Sud Africa che pubblicherò prossimamente.

Quale altra spiegazione se non lo stato di guerra potrebbe esservi, vi chiedo, al fatto di essere governati da collaborazionisti che antepongono interessi stranieri a quelli del proprio popolo, incoraggiano l'invasione ed occupazione del territorio e legiferano per favorire gli invasori a danno dei connazionali, mediante una sorta di leggi razziali al contrario? 
Come spiegare altrimenti i mezzi di comunicazione fatti per il 99% di menzogne? O pensate che in tempo di pace si potrebbe dare a bere al proprio popolo e fargli considerare normale l'idea che un prefetto possa requisire le nostre case, la nostra proprietà privata, per regalarla a stranieri qualsiasi? Adducendo magari lo stato di emergenza permanente per giustificare l'esproprio e renderlo definitivo?
Pensate che in tempo di pace sarebbe possibile cedere pezzi di territorio nazionale, lasciare che regni l'anarchia, cedere interi quartieri alla delinquenza e al degrado, svendere i beni del popolo a prezzo di saldo a speculatori stranieri e dire: "E' così, non c'è alternativa, dovete accettarlo", perché ogni volta c'è la solita maledetta direttiva UE che lo impone? Questa è follia, diciamo. Certo, follia di guerra.

Come nelle guerre mondiali passate, anche stavolta la Gran Bretagna avrà un ruolo importante e forse decisivo? Se solo Cameron avesse l'abilità della Thatcher di ricreare nei sudditi di Sua Maestà il mood Falklands, il Brexit potrebbe essere l'inizio della reazione a catena nella UE. La sovrana intanto, tirata per la giacchetta dalla stampa popolare, non ha smentito quella sorta di Keep calm and Brexit
Potrebbe essere quello l'inizio di un'inversione di tendenza, soprattutto se questo secolo vedesse un'inedita alleanza di Russia e Stati Uniti (con i cittadini americani oppressi dai nostri stessi problemi) e dei reciproci eserciti stanchi di guerre neocon, contro ciò che rischia di far saltare veramente in aria il mondo, dovesse continuare la propria corsa verso la distruzione. Un consiglio: seguite il dibattito sulle elezioni americane. La pazienza degli americani sta per esplodere.



sabato 5 marzo 2016

Meditazioni di una donna che ha smesso di fumare

da "Musings of a cigarette smoking man"
Nei giorni scorsi, per caso, mi è capitato di leggere alcune citazioni di Jacques Attali (uno dei troppi padri dell'Europa) e Zbigniew Brzezinski, ex-consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza Carter (1977-1981) e mi sono chiesta: cosa spinge questi personaggi a fantasticare sempre sul futuro e a passare il tempo a colorare il mandala del mondo che verrà? Questi piccoli architetti - ma quelli eurocratici sembrano più che altro geometri - sono per caso tutti scrittori falliti di racconti di fantascienza rifiutati dagli editori, che sublimano la frustrazione esercitando il potere che permette loro di avverare le loro previsioni scritte in saggi che vengono presi sul serio, visto il pedigree dei loro autori? Perché si divertono, dalle stanze dei bottoni, a spoilerare ai pezzenti della plebaglia come andranno a finire le loro miserevoli vite in base a ciò che è già stato deciso in alto e in separata sede?

La differenza tra la loro narrazione e i grandi romanzi distopici di Aldous Huxley e George Orwell, ad esempio, è che questi ultimi hanno utilizzato la forma letteraria, il linguaggio della metafora e dei simboli e che il  futuro totalitario che descrivono non è una progettualità ma qualcosa di purtroppo già avvenuto che ci ammonisce affinché possiamo scongiurarne in tempo l'avvento. Invece i futurologi dell'élite, facendo riferimento non a figure metaforiche come il Grande Fratello ma ad entità realmente esistenti, come l'ONU e il FMI (vedi citazione sotto), e utilizzando il verbo dell'ineluttabilità da un punto di osservazione dominato dal proprio particulare, assai disinteressato alla democrazia, molto probabilmente stanno descrivendo nient'altro che una minima parte, un'assaggio, di ciò che stanno realmente adoperandosi per realizzare nella realtà, traendolo dalla loro agenda fitta di imperativi categorici. E questo senza fornirci alcun ammonimento - visto che nel loro meraviglioso mondo futuro la democrazia non è prevista - se non quello di non osare opporci e di accettare passivamente qualcosa che sembra non possiamo più evitare che accada. 
Il perché non possiamo esimerci lo spiega Attali:

fonte:  J. Attali "Lessico per il futuro"
Nell'introduzione del suo "Dizionario del XXI secolo" le parole chiave ci sono tutte: la sovrappopolazione e l'invecchiamento, l'inquinamento (er globbaluormin), il giovanilismo, la fluidità del mercato, il precariato, il nomadismo, l'iperclasse, la Rete (bravi, miei piccoli lettori, vedo che qualcuno di voi ha già fatto il salto quantico arrivando subito a Casaleggio.)  
C'è un problema, però. Il futuro potrebbe essere bellissimo, ipertecnologico, transumano e transgenico:
ibidem
Sentito? La "civiLego"! Solo per questo bisognerebbe legarlo ai quattro cavalli che si usavano nell'antichità. L'ONU come governatore mondiale, con il FMI come suo esattore ("Le ONG si sostituiranno al dissolvimento degli Stati, dei partiti, dei sindacati"), la riduzione delle ingiustizie (e questa forse è la vera fantascienza di tutto questo sproloquio). 
Questo sarebbe, secondo Attali, il mondo futuro ideale che ci aspetta, ma purtroppo, siccome permangono i retaggi del passato (come la democrazia), ecco arrivare la frase chiave: 

Eccoli là. Il futuro potrebbe essere ipertecnologico e meraviglioso se non vi fosse il passato a remare contro e quindi per questo motivo, per evitare di perdere la democrazia, dovete aiutarci ad eliminare la democrazia e la tradizione.
Il principio fondativo del ragionamento è che il passato è una cosa orribile, che occorre superare ad ogni costo, perché il passato ha creato un presente che è inaccettabile (dal loro punto di vista, in pratica, è troppo democratico). Ecco quindi che il presente oppresso dal passato deve liberarsene e andare fiducioso verso un futuro che, stranamente, non è lasciato al caso ma viene accuratamente predeterminato. 


Il nichilismo, 'o pernacchio in faccia a Dio, la pretesa della fine della Storia. Troppo comodo, signori, negarne il giudizio infallibile, terribile ed inesorabile. La vendetta della Storia sui traditori è una delle poche vere manifestazioni in Terra del divino. La pretesa, infine, di poter inventare il futuro e l'inconfondibile sentore della controiniziazione nella scissione del principio rivoluzionario "liberté, égalité, fraternité", in tre elementi che, separati, ne depotenziano il senso. Che fratellanza può esserci, infatti, senza libertà ed uguaglianza?
Diciamo la verità. Questa è gente che, élite e massonerie a parte, ha completamente perso la testa.

Questo tipo di futurologia è il delirio di onnipotenza di chi è ossessionato dall'idea di plasmare e dirigere il futuro senza lasciarlo al caso, visto che il caso potrebbe anche prevedere un mondo senza più gli Attali, i Bzrezinki e i loro compagni di aristocratiche merende. E' pensiero magico allo stato puro.
In questi mein Kampf dei banchieri, gente oltre i settant'anni che, non sopportando di doverci un giorno lasciare, fa di tutto per condizionare il tempo in cui non saranno più attraverso i loro posteri, si legge anche un netto delirio di immortalità. Speriamo che per allora, quando l'orologio biologico dovrà per forza fermarsi anche per loro, non abbiano veramente trovato l'elisir della vita eterna.

Non commettiamo però l'errore di considerare questi scenari futuri solo alla stregua dei deliri di pazzi. Esiste qualcosa che viene chiamato, in uno studio della Rand Corporation, il nation-building. Una sorta di scienza delle costruzioni delle nazioni che può benissimo assomigliare al body-building, ovvero ad una pratica sportiva salutare se praticata cum grano salis ma assai dannosa se prevede l'utilizzo e l'abuso di sostanze dopanti. In pratica, secondo i think tank che si prestano allo scopo, le nazioni possono essere create e rimodellate a piacimento. Una cosa che gli imperi, per altro, hanno sempre fatto. Non sarà per caso il vecchio e polveroso imperialismo che ancora lotta insieme a noi?
Curioso, vero? Visto che, contemporaneamente, il Verbo mondialista proclama la fine delle nazioni, dei confini e delle identità nazionali. Al punto che, giusto per restare nell'attualità, l'Italia cede parte del suo territorio virtuale e i propri confini immaginari alla Francia, ovvero ad un paese che non esiste.

Mi accorgo che ho trascurato l'amico Bzrezinki, che pure scrisse le stesse cose, preconizzando il medesimo futuro bello per loro, un po' meno per gli altri, ed ancora più inquietante se è possibile, addirittura nei primi anni settanta, in "L'Era tecnotronica".
"Tutti gli aspetti della vita sono influenzati e controllati da dispositivi computerizzati. Il crescente ausilio di mezzi biochimici di controllo umano favoriscono l'orientamento politico verso le direzioni di cambiamento prefissate. Nella società tecnotronica milioni di cittadini non organizzati sono facilmente attratti verso personalità magnetiche e ricevono le più moderne tecniche di manipolazione del pensiero e delle emozioni. Inoltre, può essere possibile sfruttare i frutti della ricerca sulla mente e sul comportamento umano per fini politico-strategici."
Di conseguenza, un'élite scientifica determina l'indirizzamento politico attraverso un uso estremo della propaganda e perfino di tecniche di lavaggio del cervello e manipolazione genetica.
Il risultato di questi procedimenti sui singoli cittadini dell'era Tecnotronica, è che essi sono persone modificate, rimodellate dal proprio stato naturale a quello di cittadini della nuova era scientifica. Magari ingerendo qualcuna di quelle pillole di conoscenza di cui ha parlato di recente Nicholas Negroponte.

Il trilateralista Bzrezinki loda il socialismo (è risaputo che anche tra i neocon sono numerosi  i trotzkisti) e ha parole di grande stima per Marx.
E qui, per la serie "come mai le sinistre appoggiano progetti reazionari neo-aristocratici", non vorrei dimenticare l'apporto fondamentale dell'esimio Coudenhove-Kalergi e del suo idealismo pratico:
"Il socialismo, che ha già cominciato abolendo la nobiltà di rango e livellando l'umanità, trionferà nella produzione della nuova nobiltà mediante la differenziazione dell'umanità. E' qui, nell'eugenismo sociale che risiede la sua più alta missione storica, tutt'ora misconosciuta: giungere, da un'ineguaglianza ingiusta, attraverso l'uguaglianza, ad un'ineguaglianza giusta. Passando sopra le macerie di tutte le pseudo-aristocrazie verso una vera nuova nobiltà."

Si diceva prima di Casaleggio. Ebbene, la sua visione del futuro presentata nel film "Gaia", che tanta paura fa a Ugenio nostro, il quale però non si accorge di frequentare gli stessi ambienti elitari dai quali promanano sempre quelle visioni, non sarà per caso l'ennesima versione del sogno distopico dell'élite? Dovremmo quindi iscrivere il Gianroberto nella medesima categoria dei Bzrezinski e degli Attali? 
Certo c'è anche quella voce che gira sulla faccenda del gatekeeping e del via libera al movimento dato da ambienti atlantici (che spesso si firmano con il pentacolo) con, immagino, la consegna di marcare stretto il PD per controllarne l'operato. Il che spiegherebbe il livore perfino irrazionale dei piddini nei confronti dei "grillini".  Il Movimento Cinque Stelle è un'entità politica bifronte, che ha il vertice con le scarpe ben piantate nell'élite e una base di assai poco pitagorici apprendisti che parlano troppo e spesso a sproposito e che sembrano rappresentare, oltre alla quintessenza di un'ideale miscuglio di purezza e ingenuità prestate alla cosa pubblica, gli attori ideali di quella che Stefano Zamagni definisce democrazia deliberativa.
“Democrazia deliberativa significa che i cittadini possono intervenire sull’operato del Governo non solo eleggendo i rappresentanti, ma anche influendo su di esso fra un’elezione e l’altra. In Italia, invece, esiste solo la democrazia estesa. E la differenza tra le due è radicale: nella democrazia deliberativa vince chi convince maggiormente, mentre in quella estesa vince chi ha maggiore consenso”. (…)
“Certo, non pochi sono i nodi teorici e pratici che devono essere sciolti perché il modello di democrazia deliberativa possa costituire una alternativa pienamente accettabile rispetto a quella esistente. Ma non v’è dubbio che la concezione deliberativa di democrazia sia, oggi, la via che meglio di altre riesce a affrontare i problemi dello sviluppo e del progresso dei nostri Paesi. Ciò in quanto essa riesce a pensare alla politica come attività non solo basata sul compromesso e l’inevitabile tasso di corruzione che sempre lo accompagna, ma anche sui fini della convivenza stessa e dell’essere in comune. Inoltre, essa è anche la via più efficace per contrastare l’invadenza del “politico” e quindi per rilanciare il ruolo del civile. Il che vale a far sì che lo spazio pubblico cessi finalmente di essere pericolosamente identificato con lo spazio statale”.

Bello il concetto di partecipazione diretta, vero? Peccato quella chiosa, con la rivelazione che la politica (ovvero il luogo di esercizio della democrazia parlamentare) deve lasciare spazio ad un non ben identificato "spazio civile" da contrapporre allo Stato, ovvero alla Costituzione.
E' come per i trip di Attali. Tutto fantastico ma con il trucco e l'inganno.

Come diceva il nostro? "A meno che non si verifichino cambiamenti radicali...." E quando ha scritto il nostro il suo sogno di fantascienza? Nel 1998. Lo stesso periodo in cui fu messo a punto un altro progettone imperiale: il Progetto per un Nuovo Secolo Americano descritto nel manifesto "Rebuilding America's Defense"., dove si legge, a pag. 51: "[…] il processo di trasformazione, anche se porterà ad un cambiamento rivoluzionario, sara’ verosimilmente un processo lungo, senza un qualche evento catastrofico e catalizzatore, come una nuova Pearl Harbour. […]" Altro libro distopico che si è avverato in pieno.

E' il leit motiv. Invocare l'evento eccezionale, far finta poi che sia capitato per caso, quando invece si è fatto di tutto per far accadere l'impossibile. Le profezie dell'élite sembrano le uniche a doversi avverare e la cosa incredibile è che pare che i racconti del futuro dei banchieri e dei vecchi mestatori del potere, e perfino degli scrittori di fantascienza, stiano tutti divenendo realtà.


Robert Charroux, Le livre des secrets trahis, ed. Robert Laffont, 1965

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